Este arte no debe ocultarse bajo palabras oscuras, pero tampoco
debe ilustrarse tan claramente que a todos resulte comprensible.
[...] los necios no comprendáran nada de él.

giovedì 10 febbraio 2011

Storie di Mantidi

Tecnica: litografia a gouache, pastello
Dimensione: 300x500 mm
Stampa: carta Magnani, 500x700 mm



“Mantis”, in greco significa “profeta”, vale a dire colui che conosce il percorso da seguire.

Tale appellativo fu ispirato dalla sua postura che può ricordare un umano eretto in preghiera o nell’atto di indicare una direzione.

Il latino, l’italiano, lo spagnolo, ne hanno invece enfatizzato l’antropomorfismo posponendo al nome l’aggettivo di “religiosa”.

Per questo esistono varie leggende medievali che le collegano alle suore o alle donne in penitenza.

Ma l’abitudine biologica che ne è diventata la caratteristica simbolica primaria è quella di nutrirsi del maschio una volta terminato l’accoppiamento; benché questa sia consuetudine in natura per molte specie, ciò ha alimentato un patrimonio di allegorie negative. Rappresenta perciò l’empietà e l’ingratitudine; una donna che si approfitta del suo compagno è una “mantide”, i romani quando qualcuno si ammalava usavano dire “la mantide ti ha guardato”.

Per questo motivo nel Medioevo era anche chiamata “strozza galli”: si credeva che se il volatile ne avesse ingoiata una per cibarsene sarebbe stato sgozzato dall’interno e decapitato dal crudele insetto. Non è raro imbattersi, in alcune chiese romaniche, nell’immagine di una mantide che rapisce un puttino (l’innocenza).

È associata al diavolo, ai denti, al rapporto torbido fra sessualità e nutrizione perciò ai riti di iniziazione della pubertà.

Nell’Africa Australe, tuttavia, è considerata un demone della caccia e anche l’epifania del dio creatore.

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